Collectanea Philologica, XXVI, 2023: 231–242
https://doi.org/10.18778/1733-0319.26.18


Roberto PERESSIN *

Uniwersytet Kardynała Stefana Wyszyńskiego
Orcidhttps://orcid.org/0000-0001-5932-7954

Φιλήκοος καI φιλόμουσος. Sul ruolo del greco nell’educazione riformata a Danzica nel XVI secolo

Φιλήκοος καὶ φιλόμουσος. On the Role of Greek in the Reformed Education in 16th Century Gdansk

The article presents the edition and commentary of an adhortatio to learn Greek addressed to the pupils of the Gymnasium Dantiscanum (Gdansk). The text was printed in 1571 as part of an anthology of Greek poems and prose composed by Humanist Michael Retell from Zittau (1530–1576). Retell was invited to Gdansk to organize the recently founded grammar school. Although a number of publications are now available on Retell, reconstructing his biography and commenting on his Latin works, however, there is still a lack of studies on his Greek output. They could help clarify the author’s use of ancient models, since his poems often have bilingual versions, and only the Latin ones have been studied. Moreover they could offer more insight into the school and its scholars during its lesser-known early years of activity (1558–1580).

Keywords: Michael Retell, humanist Greek, paraenesis, Gdansk, Reformation, Gymnasium Dantiscanum
Parole chiave: Michael Retell, greco umanistico, parenesi, Danzica, Riforma, Gymnasium Dantiscanum
Słowa kluczowe: Michał Retell, greka humanistyczna, pareneza, Gdańsk, Reformacja, Gymnasium Dantiscanum


Nel panorama della letteratura in greco umanistico[1] la produzione di Michael Retell (1530?–1576)[2] esige una particolare attenzione che ancora non gli è stata adeguatamente accordata. I contributi finora dedicati all’umanista lusaziano – come del resto i pareri degli studiosi contemporanei – lo definiscono non senza ragione l’ellenista più insigne del Rinascimento polacco (cf. Nadolski 1969; Nowak 1988–1989; Czerniatowicz 2013; Bogumił 2016). Sebbene negli anni si siano prodotti numerosi lavori dedicati alla produzione latina che esaminano il rapporto con gli archetipi, stili e generi letterari presi a modello da Retell, tuttavia è ancora percepibile nell’ambiente accademico (Bogumił 2018: 11) la necessità di prendere in esame altresì le opere greche dell’umanista[3], la cui analisi permetterebbe una valutazione equilibrata della sua attività letteraria e didattica presso il Gymnasium Dantiscanum[4]. Il legame tra l’istituzione e la creazione di opere ad uso degli studenti è invero centrale e inscindibile, come dimostra la completa rinuncia alle lettere da parte dell’umanista in seguito al suo ritiro dall’accademia. Non di rado, inoltre, come del resto era comune vezzo degli umanisti, una medesima opera veniva composta in due versioni complementari nelle due lingue classiche.

La produzione greca di Retell consta di numerose composizioni poetiche e di alcune prose, fortunatamente raccolte in una stampa in 8° dal titolo bilingue Ποιημάτων Ἑλληνικῶν βίβλοι δύο. Τοῦ αὐτοῦ ἐκείνου λόγων βίβλος μία. Poematum Graecorum libri duo. Eiusdem autoris Orationum liber unus, uscita dall’officina di Jakob Rhode nel 1571[5]. I tre libri che compongono la raccolta sono di ispirazione e contenuto differente: il primo, dedicato allo scabino gedanese Johannes Werden e ai fratelli Ludwig e Georg Gerhard, riporta la data 1 maggio 1571 e si caratterizza per la materia eminentemente religiosa. Del paratesto fanno parte l’elegia introduttiva di Retell Ad iuventutem Gymnasii, seguita da due poemi dedicati all’autore dai più stretti colleghi (Andreas Franckenberger e Achatius Curaeus) e da un componimento attribuito all’umanista Fausto Andrelini dal titolo De diginitate poëseos. Vi sono contenute dodici opere, in ordine: le parafrasi poetiche di tre epistole paoline (Ad Timotheum prior, Ad Timotheum secunda, Ad Titum)[6]; tre carmi dottrinali cristologici; un’elegia sulla natura degli angeli; i quattro symbola fidei (Apostolicum, Nicaenum, Athanasianum, Augustinianum-Ambrosianum); un’elegia sulla resurrezione dei morti. Quattro dei succitati componimenti erano apparsi precedentemente in stampe singole e tuttora disponibili in altri esemplari[7] (Epistola Pauli ad Timotheum prior, Carmen de Nativitate Christi, Elegia de Natura [...] Angelorum, Quattuor Symbola Fidei).

I sedici poemetti contenuti nel secondo libro sono invece di argomento scolastico e d’occasione. Li precede un’epistola ai fratelli Johan e Jakob Conrad, protettori di arti. In ordine troviamo: Leges scholasticae, un’ampia raccolta di norme comportamentali per il ginnasio in verso eroico; Ferula o Sceptrum Academicum, dissertazione in versi sull’origine dello scettro, un simbolo di potenza, saggezza e autorità all’interno della scuola ginnasiale; un catalogo in distici elegiaci delle imbarcazioni greche; un’esortazione poetica allo studio della lingua di Omero. Segue una serie di epitalami dedicati a diversi personaggi della vita politica e culturale della città baltica: allo scolarca Matthaeus Lykus, al segretario Matthaeus Langius e al docente Jakob Zigler; un confronto tra i vantaggi del matrimonio e del celibato in onore di Franckenberger, rettore del ginnasio dal 1568. Fanno seguito nello stesso libro due poemetti dedicati alle virtù coniugali; un’altra serie di carmi nuziali per Wenzeslaus Welmenitz, collega di Aurifaber, per Lucas Schachmann, borgomastro di Toruń, e per Bartholomaeus Retell (forse un parente non meglio identificabile); un epitafio in morte del duca di Prussia Albrecht von Hohenzollern e consorte; un epicedio per il trapasso del collega e amico Heinrich Möller. Chiude il tomo De reditu [...] consulum [...] gratulatio, che uscì separatamente anche in versione latina (Bogumił 2018: 165–198). L’epillio fa parte di un gruppo di componimenti, scritti da vari autori nel periodo 1568–1570 e destinati a commentare il festoso rientro in città dei notabili gedanesi nel 1570, dopo la prigionia in cui erano stati tenuti per atti di insubordinazione contro il re Zygmunt August. Anche questo libro include ristampe: alcuni carmi occasionali apparvero infatti una seconda volta con l’uscita del suddetto tomo (Nadolski 1969: 115).

L’ultimo liber, infine, esordisce con una lettera dedicatoria ai giovani fratelli Johan, Nicolaus e Adrian von der Linde (in cui l’autore esprime gratitudine per la generosità del padre Johan) datata giugno 1571. Ad una prima scorsa è facile notare come questo tomo si differenzi dagli altri due e ne costituisca una sorta di appendice. Vi sono cinque testi in prosa ad uso delle scuole: tre dissertazioni (lucubratiunculae) relative alle materie del trivium, una traduzione del De civilitate morum puerilium di Erasmo da Rotterdam, un’orazione sulle differenze dell’umanità a partire dalla creazione di Adamo.

L’inizio dell’attività di Retell a Danzica coincise con la fondazione dello studium particulare nel 1558 sotto la direzione del primo rettore Johan Hoppe (Nadolski 1969: 112), e fu di esimia importanza per l’impostazione dello studio dell’eloquenza, delle lingue classiche e in particolare del greco. Come altre scuole umanistiche di matrice sturmiana, anch’essa era organizzata in classi di numero variabile (solitamente quattro), almeno fino alla riforma del 1580. Nelle ultime tre classi gli allievi si cimentavano nella lettura e commento non solo dei poeti epici (Omero, Esiodo) e degli oratori (Demostene, Isocrate), ma anche di autori gnomici (Teognide e Pitagora) (Awianowicz 2016: 41–47; Mokrzecki 2008: 15; Pelczar 1969: 516). Tuttavia, nonostante gli iniziali ambiziosi progetti di Franckenberger, sappiamo che fino al 1580 erano garantite solo tre classi, di cui la prima, riservata ai principianti, prevedeva altresì lezioni in lingua tedesca (Mokrzecki 2008: 18). Il contenuto del secondo e terzo libro ci fornisce notizie interessanti su altre letture, come le Epistole di Paolo, che rivestivano un ruolo fondamentale, accanto alla letteratura classica, nell’educazione riformata. I contenuti moraleggianti delle lettere erano fissati attraverso la riscrittura in versi dei testi evangelici, sulle orme dell’attività poetica di Nonno di Panopoli[8], ma probabilmente anche sull’esempio delle parafrasi erasmiane del Nuovo Testamento (Rabil 1979: 143). Evidente è del resto anche a Danzica l’influsso intellettuale di Erasmo: se la versione greca del De civilitate morum puerilium, trattato assai diffuso nelle scuole umanistiche (McGregor 2016: 272), conferma l’utilizzo del testo al fine di esercitazioni grammaticali, è altrettanto possibile rilevare come l’opera del Rotterdamese pervada ideologicamente la produzione didattica di Retell, dove l’osservanza del codice morale cristiano e delle buone maniere è indissolubilmente unita, nel processo di apprendimento, ad un’assidua lettura degli scrittori antichi (cf. Leges scholasticae Retell 1571: 81r-86v).

Con la scelta di pubblicare[9] la parenesi contenuta nel secondo libro, il presente contributo si prefigge di portare all’attenzione degli studiosi un testo programmatico per l’introduzione dell’ellenismo agli esordi del Gymnasium Dantiscanum, istituzione che rimarrà per alcuni secoli focolaio delle nuove correnti umanistiche nell’Europa centro-settentrionale[10]. È infatti noto che il primo periodo dalla fondazione dello studium particulare della città è scarsamente documentato per quanto concerne l’organizzazione e l’attività didattica, almeno fino alla pubblicazione del primo statuto (Franckenberger 1568: 21–48). Risultano proficui a questo riguardo anche altri testi, tra cui i programmi scolastici della scuola cittadina di Chełmno (Kulm), curato dallo stesso Johan Hoppe nel 1554, e della schola Dantiscana (o Mariana) presso la chiesa di Santa Maria (Marienkirche) diretta da Andreas Aurifaber (pubblicato nel 1539), e, come in questo caso, opere poetiche e d’occasione, le quali possono supplire in parte a questa mancanza di informazioni. Inoltre ci si propone di riportare in evidenza una figura non ancora sufficientemente approfondita dell’umanesimo germanico e polacco.

Definito dallo stesso Retell παραινετικόν (Adhortatio ad Graecae linguae literaturam, Retell 1571: 97r-97v), il componimento espone in 43 esametri gli argomenti destinati a muovere i giovani allievi alla passione per le lettere greche.

ΠΑΡΑΙΝΕΤΙΚΟΝ ΕΠΟΣ ΠΡΟΣ ΤΗΝ ΕΛΛΗΝΙΚΗΝ ΠΑΙΔΕΙΑΝ11
Δεῦρο προσέρχεο, παῖ φιλόμουσε, τὰ καλὰ διδάσκευ
γράμματ᾽, ὁμειρόμενος κατὰ σπουδὴν ὀρθὰ δαῆναι.
Δόγμα δ᾽ ἐπισταμένως βραχύ τοι συνελὼν ἀγορεύσω,
πῶς σαόφρων σὺ μάλ᾽ αἶψα σοφός τε δύναιο γενέσθαι.
Πᾶς μεμαὼς τέχνας μαθέειν καὶ πάνσοφος ἔμμεν, 5
μεστὰς ἠγαθέων γλώσσας ἐδάη περ ἐφετμέων·
οὐ κατέχει μία γὰρ κύκλον ἰδμοσυνῶν ὁλόκληρον,
ἐκ θεόθεν γέρας οὖν λαλιῶν χρειῶδες ἐπέμφθη,
ῥήματός ἐστι θεοῖο γὰρ εὐχερὲς ὄργανον αὐδή.[11]
Ναὶ πόρε πᾶν ὄφελος, Θεοφάντορι κῦδος ὄπασσε, 10
οὗ στήθεσσιν ἔνι στερέωμα βέβαιον ἔγεντο.
Ἀλλὰ δαήμεναι εἰ συνετῶς σοι παιδὶ μέμηλε
γνώρισιν ἠδὲ κιχεῖν πινυτὴν διδαχῶν πολύϊδριν,
εὐθὺ δυοῖν γλώσσαιν σὺ μαθήσεαι ἐμμελέτημα
Ἕλλην ᾗ πρόπαλαι πολύμητις ἐχρήσατο, γνῶθι 15
καὶ τὴν ᾗ μεγαλορρήμων φώνησε Λατῖνος,
ὃς δ᾽ἑτέρας δίχα ταῖς ἀρετῶν τέχνῃσι κέκαστο
ἢ πρὸς Ὀλυμπιάδων Μουσῶν ἄκρον ἐξεποτήθη.
Ἐξέπτη μὲν ἀτὰρ πέταται μόγις, ἠΰτε πτηνός
τῆς ἑτέρας πτέρυγος χαλκῷ κόπτοντι στερισθείς. 20
Ῥωμαίων τοίνυν σὺ διδαχθεὶς γράμματα γλώσσης,
μάνθαν᾽ ἅμ᾽ Ἑλλήνων, ἐνὶ σῷ τὴν κάτθεο θυμῷ.
Μηδεὶς γραμματικῶν τῆς νόσφι τέλειος ἐτύχθη,
Τύλλιος οὐδὲ μάτην κατὰ μοῖραν ἀτὰρ μάλ᾽ ἔνισσε
ὀψιγόνοις, σοφίην ὅτι δοίη μοῦνον ἂν Ἑλλάς, 25
κάλλος ἅπαν τεχνῶν, καλά τ᾽ ἔργα μὲν ἰδμοσυνάων.
Παλλὰς Ἀθηναίη πολύφωνον ἐφεύρατο γλῶσσαν,
τὴν μὲν Ἀχαιΐδος ἢ λέξεις καὶ πράγματ᾽ ἔχουσαν
πολλά, κέρας μὶν Ἀμαλθείας τινὲς οὖν ὀνόμηναν.
Ἔμμεναι ἱστοριῶν πηγὴν νῦν ἴδμεν ἅπαντες, 30
αὕτη ῥηματίων ὅτι φθόγγον ἔκυρσε γλύκιστον,
ἔμμορεν ἡδίστων τῆς ἐκφωνήσιος αὐδῶν.
Ὃς γοῦν πάγχυ λιλαίεαι ὀρθῶς γράμμασι χρῆσθαι,
ἤτε γενέσθαι ἀνὴρ ἐχέφρων φρεσὶ σῇσι μενοινᾷς,
θευλογίην φυσικήν τε μαθηματικὴν σοφίαν τε 35
ἤθεα, ῥητορικὴν μεμαθηκέναι ἰατρικήν τε
εὖ μέμνησο μαθεῖν, διδαχῶν καὶ μητέρα γνῶναι.
Γερμανὸς μενεδήϊος ὥς ποτ᾽ ἔγεντο φιλέλλην,
ἤρξατο φῶς εὐάγγελίοιο τρανῶς σελαγίζειν.
Χρῶ τοίνυν ταύτῃ, ξύνες ἐσθλά, φιλήκοος ἴσθι, 40
γράμμασιν Ἑλλήνων ἐφέπου προπετὴς φιλόμουσος,
τέτλαθι μόχθον ἀνεξικάκως, τὸ μετέρχεο δόγμα.
Ταῖς μελέτῃσι πόνοι δὲ κατηπιόωντο δύσεργοι.[12]

Il poeta si rivolge al παῖς, l’alunno del ginnasio, chiamandolo amante delle Muse (φιλόμουσος, v. 1), e lo invita ad accogliere l’insegnamento approntato dal suo maestro, grazie al quale potrà conoscere la bellezza delle lettere greche. Se è vero che ogni lingua è uno scrigno di sacre dottrine, impararne una sola non è tuttavia sufficiente, poiché l’acquisizione di un unico idioma non permetterà l’assimilazione dell’intero complesso del sapere, κύκλον... ὁλόκληρον (v. 7). Il sintagma utilizzato richiama la ἐγκύκλιος παιδεία, orbis doctrinae di memoria quintilianea (Inst. 1, 10, 1), complesso di discipline liberali che costituisce il programma pedagogico globale degli studia humaniora. La lingua si rivela infatti un potente strumento donato all’uomo da Dio (ἐκ θεόθεν γέρας ... λαλιῶν, v. 8) – si può scorgere qui un accenno alla glossolalia evangelica (Act 2, 4) – e grazie al quale è possibile conseguire gloria, come accadde al Θεοφάντωρ “rivelatore delle cose divine” (v. 10). L’epiteto è riservato nella letteratura cristiana a personaggi biblici di eccezionale carisma divino come Mosè e David (cf. Greg. Comm. Eccl. 6, 11, 12), e a figure di grande importanza esegetica, come Dionigi Areopagita (Suda 1931: 108). Tuttavia in questo passo pare ragionevole riconoscervi Paolo di Tarso, già così nominato in apertura della parafrasi Ad Timotheum prior (Retell 1581: 13r) – vero interprete e propagatore del messaggio di Cristo, fonte del rinnovamento spirituale della Riforma.

L’importanza nodale della conoscenza delle due lingue antiche[13] viene nuovamente ribadita al v. 14 (δυοῖν γλώσσαιν). La prima fu infatti utilizzata da Odisseo (πολύμητις, v. 15), favella dai diversificati espedienti manifestati nella gloriosa poesia omerica. Il latino a sua volta, connotato di magniloquenza (μεγαλορρήμων, v. 16), riuscì anch’esso a raggiungere vette supreme (Ὀλυμπιάδων Μουσῶν, v. 18), esemplificate nella prosa dell’Arpinate citato al v. 25. La necessità di coniugare l’idioma di Roma con quello di Atene è ulteriormente illustrata da una vivida immagine di un uccello, malfermo in quanto sostenuto nel suo arduo volo verso la sapienza dalla sola ala del latino, mentre la seconda, allegoria del greco, appare come spezzata da un’arma. Non è insensato rilevare in questa similitudine un riferimento allo scarno e oscuro latino della Scolastica in opposizione all’eleganza stilistica degli scrittori romani, ingentilita dalla grazia dell’ellenismo (v. 24). L’argomento, com’è noto, fu ampiamente sfruttato dagli umanisti e sviluppato in numerose dispute sulla rinascita delle bonae litterae. Nel pensiero di Erasmo l’oscurità del latino dei filosofi anti-umanisti, responsabili del declino letterario dell’epoca, poteva compromettere la comprensione del testo ed era pertanto nociva all’istruzione biblica e classica del cristiano (cf. Sebastiani 2013: 385–395).

La presenza del greco nel curriculum ginnasiale diventa inoltre garanzia di perfezione non solo per gli studenti, ma anche per i docenti (γραμματικῶν, v. 23). Se valido e autorevole risuona nel passo il monito di Cicerone sull’importanza dell’Ellade come fonte unica di saggezza e bello artistico attraverso la poesia (vv. 24-25, cf. Cic. Arch. 23), in esso si osserva al contempo un accenno alla consuetudine romana del bilinguismo greco-latino, come segno distintivo della classe dirigente nonché requisito per intraprendere una carriera politica (cf. ad es. Rochette 2018: 194).

Atena, tradizionalmente patrona di lettere e attività intellettuali, compare anche in quanto ‘inventrice’ (ἐφεύρατο, v. 27) della ‘lingua multisonante’ (γλῶσσαν ... πολύφωνον, v. 27), strumento che dispensò di parole e gesta il patrimonio storico della grecità (Ἀχαιΐς, v. 28). L’immagine della cornucopia o ‘corno di Amaltea’ (κέρας Ἀμαλθείας, v. 29), tramandata da vari racconti mitologici, simbolizza la sorgente dell’opulenza (cf. Callim. Hymn. 1, 47; Diod. Sic. 3, 68, 3; 4, 34, 4; Plin. N.H. 24,3) e indica nel passo il ricchissimo repertorio di miti e storie che ebbe la fortuna di trovare suoni soavissimi, grazie ai quali farsi diffondere ed eternare nella poesia (cf. Cic. Arch. 14).

La funzione eminentemente propedeutica del soggetto è riaffermata poco più sotto: si precisa che il greco è la porta per accedere a tutte le discipline: teologia, matematica, medicina, fisica, retorica, senza tralasciare le norme comportamentali (ἤθεα, v. 36) e più in generale la prudentia (σοφία, v. 35). L’ordine delle discipline nell’elenco rispecchia a grandi linee la gerarchia degli insegnamenti presentata nello statuto del 1568, con la teologia al primo posto. Non compare tuttavia la giurisprudenza, che nei programmi successivi verrà seconda come importanza, mentre è menzionata la medicina, la quale invece fu introdotta nel ginnasio soltanto a partire dal 1580 (Mokrzecki 2008: 27).

L’autore include nei versi finali un’interessante riflessione di consapevolezza ‘patriottica’, se è lecito intravedere dietro Γερμανός (v. 38) un singolare collettivo designante i teorici del pensiero riformato e dell’istituzione del nuovo cristiano, Lutero, Melantone, Sturm; ma forse a livello locale anche gli stessi maestri del ginnasio. Tali esponenti del rinnovamento religioso e culturale di lingua tedesca riscoprirono, grazie all’amore per le lettere greche (φιλέλλην, v. 42), la luce del Vangelo, correggendo gli errori legati alla trasmissione dei libri sacri e di conseguenza fornendo più veritiere interpretazioni del testo. Si concentra in questo passo un compendio della dottrina riformata: grazie all’interesse filologico e alla riscoperta del greco, le Sacre Scritture hanno potuto emanare nuovo e autentico fulgore (φῶς ... σελαγίζειν, v. 39).

La parenesi si conclude con un invito all’ascolto attivo e alla sopportazione delle fatiche nello studio di una lingua complessa, ricca e variegata (vv. 40-43), poiché esse porteranno infine dolce frutto (κατηπιόωντο, v. 43). È utile ricordare che la proverbiale difficoltà legata all’apprendimento del greco era avvertita già dagli umanisti italiani nel XIV secolo. Rispetto al latino, che in quanto lingua d’uso in numerosi contesti consentiva all’allievo un’esposizione maggiore nonché un contatto diretto, la lingua ellenica veniva appresa quasi esclusivamente attraverso fonti scritte e metodi didattici che implicavano sovente compiti mnemonici particolarmente gravosi (Ciccolella 2008: 84–85, 130 ss.).

È interessante notare negli ultimi versi un esplicito riferimento a Platone, sia dal punto di vista contenutistico che terminologico (φιλήκοος, v. 40 e φιλόμουσος, vv. 41, cf. Plat. Resp. 548e). Alla luce del celebre dualismo anima-corpo elaborato dal filosofo e ripreso dal cristianesimo, la parte metafisica dell’uomo è nell’etica protestante realizzata attraverso l’amore per la vita nelle sue manifestazioni. Queste sono da intendersi nel nostro caso come zelo nella pratica della virtù e nell’indagine, e pertanto come impegno nella condotta morale e nello studio, il quale non è altro che una forma superiore di amore verso Dio (cf. Plat. Leg. 743e; Brodnicki 2008: 81).

Alcune osservazioni sulla lingua e il metro usati nella adhortatio permettono di evidenziare in generale un uso composito delle fonti e dei modelli (si veda l’apparato). Da un lato si individuano stilemi epici sotto il profilo morfologico e lessicale:

Dall’altro, accanto a queste forme, compaiono vocaboli assenti nell’epos (τοίνυν, ἐφεύρατο), di derivazione biblica e patristica (μεγαλορρήμων, ὁμειρόμενος, εὐαγγέλιον, Θεοφάντωρ), ipocoristici di area comica (ῥημάτιον), espressioni prese dall’epica postclassica (Quinto, Nonno).

La materia poetica qui presa in esame, benché ancora poco rappresentativa, offre già spunti di riflessione letteraria, storica, nonché linguistica, e invita ad ulteriori approfondimenti sull’opera dell’ellenista lusaziano. L’esame critico di altri componimenti dell’antologia incentrati sull’istruzione dottrinale e l’organizzazione accademica del ginnasio potrà senza dubbio fornire ulteriori dati relativi al rapporto con la parallela produzione latina dell’autore, all’utilizzo delle fonti e dei modelli, degli strumenti linguistici impiegati e di altre eventuali corrispondenze interne all’opera. Inoltre permetterà di mettere maggiormente in luce le relazioni di scambi e influenze con le figure legate alla scuola e con altri rappresentanti dell’Umanesimo europeo.


* Dr Roberto Peressin is research assistant at the Cardinal Stefan Wyszynski University in Warsaw. He graduated from the Faculty of Classical Languages at the Catholic University in Milan in 2009, where he specialized in translatology of Greek and Armenian texts. In 2019 he obtained a PhD at the University of Warsaw. His main interests focus on the reception of Classical heritage in Eastern Europe, and on Italian historical linguistics.

e-mail: r.peressin@uksw.edu.pl



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Salthenius, D.L. (1751). Bibliothecae viri, cum viveret, summe reverendi, atque excellentissimi, Danielis Salthenii, S.S. theologiae doctoris et professoris ordinarii, scholaeque cathedralis rectoris, libri [...] rariores et rarissimi, uni, si Deo ita visum fuerit, emptori tradendi. Regiomonti Borussorum. Joh. Henr. Hartungii.

Sebastiani, V. (2013). “Gli “Antibarbari” di Erasmo e il programma editoriale della stamperia Froben”. Bruniana & Campanelliana 19(2). 385–395.

Suidae Lexicon. (1931). T. II. A. Adler (ed.). Lepzig: B.G. Teubner.

Veteikis, T. (2021). Poland and Lithuania. In: F. Pontani, S. Weise (eds.). The Hellenizing Muse: A European Anthology of Poetry in Ancient Greek from the Renaissance to the Present. Berlin, Boston: De Gruyter. 604–647.

Weise, S. (2017). Prooímion. In: S. Weise (ed.). Hellenistí! Altgriechisch als Literatursprache in neuzeitlichen Europa. Stuttgart: Franz Steiner Verlag. 7–11.

Wengert, T.J. (2009). The Rhetorical Paul: Philip Melanchthon’s Interpretation of the Pauline Epistles. In: R. Ward Holder (ed.). Companion to Paul in the Reformation. Leiden, Boston: Brill. 129–136.


Przypisy

  1. Su alcune idee fondamentali relative al greco umanistico, nonché definizioni, tempi e luoghi di questo fenomeno letterario, si rimanda ad esempio a Pontani-Weise 2021: 1–18.
  2. Nativo di Zittau (Żytawa) in Lusazia, Retell compì gli studi a Francoforte sull’Oder, dove in seguito tenne anche alcuni corsi ispirati al nuovo pensiero critico umanistico. A Danzica pervenne nel 1558, dove si adoperò con profitto nell’organizzazione didattica del ginnasio, tenendo lezioni di retorica, letteratura greca e latina. Rivestì probabilmente anche il ruolo di conrector o in ogni caso collaborò strettamente con i rettori dell’epoca. Sotto il rettorato di Heinrich Möller, amico e collaboratore, allestì spettacoli teatrali in lingua vernacolare. L’officina di Jacob Rhode costituì per la scuola un essenziale sostegno nella pubblicazione dei materiali a stampa (carmi d’occasione, esercitazioni, parafrasi e traduzioni) ad uso degli studenti. Le opere greche furono raccolte e stampate nel 1571, mentre quelle latine uscirono nel 1574 nel volume Epimythia in historias et fabulas. Retell cessò l’attività presso il ginnasio cittadino e si ritirò a servizio pastorale nella chiesa di S. Bartolomeo (Bartholomäuskirche) nel 1576, anno in cui morì. Per le notizie biografiche si vedano Praetorius 1713: 23–24; Lizelius 1730: 124–125; Nadolski 1966; 1969; 1976; Nowak 1988–1989: 146–147; Babnis 1997: 56; Veteikis 2021: 620.
  3. Di recente uscita un volume antologico che dedica a Retell un profilo biografico e l’analisi con traduzione dell’epitalamio in onore di Lucas Schachmann a cura di Veteikis 2021: 617–620.
  4. L’istituzione, insieme ad altri centri già funzionanti nella Prussia Reale (Toruń, Elbląg), veniva incontro, attraverso la diffusione degli studia humanitatis, alla necessità pratica di formazione delle nuove élite mercantili protestanti. Venne fondato nel 1558 grazie all’impegno organizzativo dell’umanista Johan Hoppe, che ne fu anche il primo rettore. Strutturata come uno studium particulare di ispirazione sturmiana in quattro classi, essa realizzava, attraverso un’istruzione prevalentemente teologica e retorica, i principi dell’educazione luterana ed erasmiana, riassumibili nelle celebri formule eloquens pietas e philosophia Christi. Nel 1580 sotto la guida del teologo e rettore Jakob Fabricius la schola fu promossa a gymnasium illustre, con conseguente aumento del numero delle classi e delle cattedre. Cf. Mokrzecki 2008: 15–16.
  5. Nonostante si trattasse di una pubblicazione destinata ad uso prevalentemente scolastico, pare non abbia goduto di grande circolazione. In Salthenius 1751: f. 492 viene già descritto liber rarus. Mi sono servito dell’unico esemplare a me noto, custodito presso la Biblioteca Nazionale di Varsavia (SD XVI.O.711).
  6. Le tre epistole qui versificate (Retell 1571: 13r-34v) sono comunemente definite ‘pastorali’ nel Corpus Paulinum, in quanto indirizzate ai presbiteri delle prime comunità cristiane e contenenti istruzioni sulla condotta e l’operato dei ministri. Sebbene la critica avanzi oggi dubbi sull’autenticità dei testi (nell’esegesi neotestamentaria sono chiamate lettere trito-paoline), esse acquistarono con l’Umanesimo un importante ruolo formativo. Più in generale la letteratura paolina godette di largo interesse all’interno alla Riforma, sia per il carattere ecumenico dell’apostolato di Paolo che come fonte per l’elaborazione dogmatica e liturgica di un cristianesimo primigenio, pervaso di platonismo, che tornasse alla sorgente autentica del messaggio di Cristo, in opposizione alla scolastica di matrice aristotelica. Utili per un orientamento sul tema Mattox 2009: 93–118; Wengert 2009: 129–136.
  7. Sulle date di pubblicazione si rimanda allo spoglio eseguito da Nadolski 1969: 115.
  8. Le opere di Nonno rientrano nel canone di letture di altri coevi centri di cultura tedesca, come attesta Lorenz Rhodoman nella propria autobiografia. Il poeta Graecus, massimo allievo di Michael Neander a Ilefeld, nomina accanto a Omero ed Esiodo altresì autori d’ispirazione cristiana come lo stesso Nonno e Gregorio di Nazianzo (Gärtner 2020: 218–243).
  9. Si prevede a breve la pubblicazione di una serie di altre opere dalla stessa raccolta.
  10. L’istituzione sopravvisse tra alterne vicende fino al 1817; vi si formarono uomini di scienza di calibro europeo come Johannes Hevelius, Bartholomaeus Keckermann, Daniel Fahrenheit. Cf. Mokrzecki 2008: 13–41.
  11. Nella pubblicazione del testo si è intervenuti sulla punteggiatura e sulle maiuscole.
    Crit.: 9 εὐχερὲς: ἐυχερὲς ed. ‖ 6 περ: πὲρ ed. ‖ 10 fortasse debuit ὄπαζε aut ὄπασσον ‖ 11 ἔνι: ἐνὶ ed. ‖ 13 πολύϊδριν: πολυΐδριν ed. ‖ 19 metri gratia fortasse debuit εὖτε ? ‖ 26 Ἑλλάς: ἕλλας ed. ‖ 29 Ἀχαιΐδος: ἀχαΐιδος ed. ‖ 30 ὀνόμηναν: ὀνόμῃνον ed. ‖ 38 ἤτε: ἠτὲ ed. ‖ 42 μενεδήϊος: μενεδηΐος ed. ‖ 45 ξύνες: ξυνὲς ed.
    Metr. Il testo presenta alcune irregolarità metriche. I casi di correptio epica non tengono conto di ᾱ (v. 36 ἰατρικήν, v. 39 τρανῶς), mentre altrove si riscontrano forzature (vv. 2, 15, 19, 20, 31, 37). Al v. 26 notiamo κᾰλά contro κᾱλά del v. 1.
    Sim.: 1 Anth. Pal. 5, 28, 5 ‖ 2 LXX Job 3, 21 ‖ 8 Nonn. Par. 3, 139 εἰ μὴ τοῦτο γέρας θεόθεν κεχαρισμένον εἴη ‖ 10 Hom. Il. 16, 73 ‖ 12 cfr Hom. Il. 6, 150 ‖ 13 Nonn. Par. 7, 59 ‖ 14 Thgn. 1, 35 ‖ 16 LXX 3 Mach 6, 4; Ps 11, 4 ‖ 20 Quint. Posthom. 4, 443 ὅσον χερὸς ἐξεποτήθη χαλκὸς ὃν ἀνέρε χερσὶ δύω μογέοντες ἄειραν ‖ 29 cfr Stob. Anth. 4.39, 26, 75; Lib. Progym. 2, 4, 1; Diod. Sic. 3, 68, 3; 4, 35, 4 ‖ 22 Hes. Op. 27 ‖ 23 Phil. Quaest. Gen. 4, 88 καίτοι τελείου τυγχάνοντος Ἰσαάκ ‖ 30 Hom. Il. 7, 281 ‖ 31 Ar. Ach. 444; Nub. 943 ‖ 38 Hom. Il. 12, 247 ‖ 39 Rom. Mel. Hymn. 25, 3, 8 τρανῶς ἀπολαμβάνει φῶς τῶν ὀφθαλμῶν; Nonn. Dion. 1, 175; 2, 190 ‖ 41 Plat. Resp. 548e ‖ 42 Hom. Il. 5, 429 ‖ 43 Hom. Il. 5, 417
  12. Fornisco la mia traduzione: Vieni qui, ragazzo che ami le Muse, apprendi le belle / lettere, con desiderio di imparare rettamente e con zelo. / Dopo averlo raccolto abilmente, ti comunicherò un breve insegnamento / su come tu possa / ben presto diventare prudente e saggio. / Chiunque brami apprendere le arti e divenire in tutto sapiente, ha imparato / le lingue piene di santi precetti. / Una lingua sola infatti non contiene l’intero complesso del sapere. / Da Dio fu così inviato il dono fruttuoso della parola. / La favella è infatti un efficace strumento del verbo divino. / Sì, procura tu ogni vantaggio e tributa (?) gloria al Rivelatore, / nel cui petto divenne sicuro fondamento. / Ma se a te, fanciullo, sta a cuore acquisire con sagacia / la conoscenza e trovare fra gli insegnamenti quello ricco e pieno di sapere, senz’indugio ti dedicherai all’esercizio delle due lingue: di essa [scil. la lingua greca] in tempi assai lontani si servì un Greco molto astuto; ma sappi / anche quella con cui parlò il magniloquente Latino, il quale, in assenza dell’altra, eccelse nelle arti di virtù o si spinse perfino alla vetta delle Muse Olimpiche. / Spiccò il volo, eppure vola a fatica, come un volatile / privato della sua seconda ala da un colpo di spada. / Tu, dunque, istruito nella grammatica della lingua dei Romani, / impara al contempo quella dei Greci, figgitela in cuore. / Nessun maestro raggiunse mai la perfezione senza di essa. / E Tullio non invano assai giustamente ammoniva / i più giovani che l’Ellade soltanto può dare la sapienza, / ogni bellezza delle arti e le belle opere derivanti dalla conoscenza. / Pallade Atena escogitò la lingua dai tanti suoni, / che dell’Acaia racchiudeva parole e molti fatti. / Alcuni la chiamarono dunque cornucopia. / Ora sappiamo tutti che è fonte di storie, / poiché essa ha trovato una voce dolcissima di paroline, / ha incontrato soavissime melodie dell’espressione. / Tu, dunque, che tanto desideri servirti correttamente della grammatica / e brami in cuor tuo di diventare un uomo prudente, / ricordati bene di apprendere la teologia, la fisica, la matematica e la saggezza / e anche la condotta, di studiare la retorica e la medicina, / di conoscere la madre delle discipline. / Così un giorno il Germano ardito diventò filelleno (e) iniziò a far risplendere nitidamente la luce del Vangelo. / Usa pertanto questa [scil. lingua], comprendi le cose di valore, sii desideroso d’ascoltare, / studia la letteratura dei Greci a capofitto e con amore delle arti. / Sopporta lo sforzo con rassegnazione, ricerca la dottrina. / Con la pratica le fatiche, da ardue, diventano dolci.
  13. Sorprende che nell’opera non venga dato rilievo all’ebraico, se si considera che all’epoca, in particolare per l’educazione riformata, costituisse il terzo pilastro della formazione umanistica. Tanto più che l’insegnamento è documentato presto anche presso lo studium di Danzica: dal 1566 al 1576 le lezioni di ebraico furono tenute da Johan Kittelius, proveniente dall’ambiente accademico di Wittenberg (Reychman 1969: 84).

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Received: 31.03.2023. Verified: 24.04.2023. Accepted: 05.05.2023